• Russo firma parole, musiche e regìa di un Manzoni a effetto speciale andato trionfalmente in scena l’altra sera al Bellini di Napoli un disegno teatrale ritmato e avvolgente c’è il Seicento barocco e arrogante degli Spagnoli a Milano, ci sono la peste, i monatti, i lanzichenecchi e soprattutto una love story con lieto fine, che Russo ha tentato di rendere un poco più terrena e in cui Michel Altieri e Barbara Cola, belle voci, baldanza, lirismo occhi negli occhi nei duetti di fede, speranza, amore e carità, ottengono i gridolini dei teen agers-
    ma se da un lato questi “Promessi sposi” sono il musical 2000 di tangibile professionismo ed effetto speciale scenico, d’altro canto, e qui sta la piena riuscita, Tato Russo, che si riserva con tocco da mattatore la torva parte dell’Innominato, firma una partitura ,che omaggia la tradizione del melodramma ottocentesco, con forze del destino verdiane, momenti pucciniani, duetti e terzetti e crescendi rossiniani con il divertente Azzeccagarbugli di Tonio Logoluso, giochi di parole, esaltazioni melodiche con qualche eco di Sanremo quando si canta col cuore in mano o il peccato a vista (la brava e bella Monaca è Christine).-E poi momenti di opera buffa con lo spiritoso, baritonale don Abbondio Antonio Romano, ricordi di fiaba disneyana e stralci non casuali, anche nella regìa, di Brecht-Weill quando si combatte, si marcia, si lotta per il pane o si muore per la peste. E infine il cinema: il libretto di Russo, che firma una regìa senza pause, vigorosa, di straordinaria fusione, è scritto come una sceneggiatura, con frequenti cambi di scena, dialoghi brevi e refrain che s’inseguono e diventano wagnerianamente legati ai personaggi, alternando ritmi, passioni e scherzi musicali, tramutando Renzo e Lucia in un Romeo e Giulietta…

  • Milano, 23 Novembre 2000
    Tutti commossi, performers e pubblico, dalla magia di un nuovo musical. Il 27 ottobre ha segnato la storia del teatro musicale italiano uno spettacolo che potrebbe avere tutte le carte in regola per diventare un hit: "I promessi Sposi", ideato e diretto da Tato Russo, Mario Ciervo e Giovanni Giannini, che ha aperto al teatro Bellini di Napoli ed è in cartellone fino al 19 dicembre al teatro Nazionale di Milano. Con un cast tutto italiano di spiccati talenti, Tato Russo, attore, drammaturgo e regista della scena italiana e già autore di produzioni per il teatro musicale (Café Chantant, Masaniello, Viva Diego e Oh Calcutta!) ha realizzato uno show maestoso, co-prodotto dai teatri Bellini di Napoli e Nazionale del Mediterraneo, con scene di Uberto Bertacca e costumi di Giusi Giustino.
    L'evento è di per se' originale poiché si inserisce in un panorama del teatro musicale di predominanza angloamericano per cultura, ma è in grado di toccare il cuore del pubblico italiano e a quello di uno più. Per la trasposizione del capolavoro del Manzoni, ambientato nella Milano del XVII secolo, la produzione si avvale di 35 artisti in scena, di 18 orchestrali e di architetture sceniche che sfruttano effetti luminosi, piattaforme mobili e carrelli girevoli per creare lo spettacolo intorno ai capitoli, agli eventi salienti e a paesaggi, scene e azioni del romanzo.
    De "I promessi sposi" colpisce la forza dell'adattamento scenico, suggestivo per i frequenti cambiamenti di scena, che sono concatenati in sequenze da montaggio filmico e fedeli alle ambientazioni del romanzo, sebbene risulti forse didascalico l'espediente di staccare sulla scena successiva, fermando l'inquadratura sui titoli del capitolo a seguire proiettati sul fondale. Si è certamente toccato il tasto giusto per suscitare stupore e successo di pubblico con la sfarzosità della messa in scena, in mancanza di una corposità musicale pregnante. Sono memorabili episodi come la fuga d'amore di Renzo (Michel Altieri) e Lucia (Barbara Cola), di irresistibile intensità emotiva, e momenti musicali come la magnifica coloratura tragica della Monaca di Monza. La drammatizzazione psicologica di questo ruolo è superbamente resa dai versi di Christine, un'interprete da seguire. La scena della fuga sull'aria di "Addio cime... addio" attraverso il lago immerso nei fumi nebbiosi, che ricordano il Fantasma dell'Opera di Lloyd Webber, ha un sicuro effetto suggestivo. E' incerta la partitura musicale che acquisisce maggiore spessore nel fraseggio degli alterchi tra i personaggi e quando riesce a far sgorgare libero il lirismo di versi palpitanti sentimenti semplici, forti e veramente umani d'amore e di giustizia, di compassione e di pentimento del messaggio manzoniano.
    Già definito la risposta italiana a "Les Miserables", il musical "I promessi sposi" offre momenti di ampio respiro e rivela il maggior talento di Tato Russo e del coreografo Aurelio Gatti nel sapere muovere le masse in scena per restituire allo spettatore il tema, caro al Manzoni, della coralità nei diversi episodi di "Milano - La rivolta del pane", che iconograficamente rinvia al dipinto "Novecento", "Il palazzo di Don Rodrigo" e "Il Lazzaretto", con la scena della peste che devasta Milano nel 1630.
    Le usanze del tempo sono rappresentate con grande vividezza, con un arrogante Don Rodrigo (Filippo Brunori) alle prese con i propri ostentati piaceri e con la lascivia delle prostitute, con Azzeccagarbugli (Tonio Loguloso) e i bravi, fino a un Don Abbondio ridotto amabilmente a esilarante macchietta da Antonio Romano. Spettacolarità, bizzarria e solitudine sono le peculiarità racchiuse nella figura dell'Innominato, ruolo interpretato dallo stesso Tato Russo.
  • ITALIA E MUSICAL... PROMESSI SPOSI
    Diverte, appassiona, emoziona e incanta il nuovo musical di Tato Russo tratto dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni in scena in questi giorni a Milano al Teatro Nazionale Milano Musical. E’ un trionfo di teatro, poesia, musica, scenografie, costumi che ci fa rivivere una delle storie più belle della letteratura cogliendone gli aspetti più interessanti, toccanti e moderni e trasformandoli in una messa in scena godibile con momenti di grande suggestione, ma facendo filtrare ogni sentimento dalla lente d’ingrandimento della Poesia, della Musica e del Teatro, che tutto universalizza e tutto rende umano, senza tempo, credibile e coinvolgente. Si ha quasi l’impressione, che si prova assistendo a molti grandi musical, che tutto nasca semplicemente e spontaneamente sul palcoscenico, senza macchinosità artificiali e senza far trasparire il gran lavoro narrativo e drammaturgico che ha permesso la trasformazione della pagina scritta in musical. Da notare inoltre l’assenza pressoché completa di “canzoni” o “coreografie” staccate dal contesto: assistiamo a un flusso narrativo pochissimo spezzettato, in cui ogni aria, duetto, pezzo d’assieme esiste esclusivamente In funzione del momento della storia in cui è inserito e ogni movimento danzato è strettamente giustificato dalla vicenda. Analogamente la bravura degli interpreti non si esprime in virtuosismi fine a se stessi ma nella credibilità con cui rivestono i personaggi. Si dirà e si è già detto che questa produzione strizza l’occhio a show come Les Miserables e Phantom Of the Opera, ma non è forse un bene che l’Italia si riappropri della tradizione del teatro musicale popolare che autori come Andrew Lloyd Webber e Claude-Michel Schonberg hanno semplicemente reso moderna introducendo timbri, armonie, stili nuovi ma che appartiene pienamente alla nostra cultura? Secondo il mio punto di vista I Promessi Sposi aprono una nuova strada per il musical italiano, che se troverà altri soggetti della medesima potenza drammatica riuscirà con successo a competere coi revival e le commedie musicali. Visto il grande successo di pubblico di ieri sera, i frequenti applausi a scena aperta e i gridolini, siamo sicuri che questo spettacolo farà strada.
  • RADIOGRAFIA DELLO SPETTACOLO
    Supportate dalle orchestrazioni migliori mai udite in Italia, (meriterebbero il West End!), firmate dal M° Giovanni Giannini e dall’impeccabile direzione d’orchestra e supervisione musicale del M° Mario Ciervo, sono il punto di forza dello show: moderne, da musical, non accompagnano l’azione ma sono l’azione teatrale. Frequenti cambi di tempo, un uso inedito (almeno in Italia) del crescendo, contrappunti, reprises, trasformano le belle melodie in materiale drammaturgico e le fanno volare fino alle nostre orecchie, per rimanerci a lungo. E se qualcuno userà la parola “commerciale”, allora sarà un complimento. Meritano un applauso particolare le arie cantate da Renzo nel primo atto, la capacità di Giannini di usare la batteria con finalità teatrali e non pop, l’abilità nel creare temi e Ieit-motif e abbinarli ai personaggi e alle situazioni sceniche, l’uso teatrale della voce umana, certe corali realizzate splendidamente, come il finale.
  • LIRICHE
    I versi de “I Promessi Sposi” hanno il pregio della semplicità, che non fa rima con banalità, e sono eccelse quando si tratta di esprimere l’amore, Il dolore, struggenti passioni. Notate i meravigliosi duetti di Renzo e Lucia, la notte dell’Innominato (da brividi!), il meraviglioso voto di Lucia, la confrontation di Fra Cristoforo con Don Rodrigo. Notate la ‘parola scenica’ “Chissà perché poi” che si palleggiano rispettivamente il Conte Attilio, il Conte Zio e il padre provinciale nella scena in cui si decide il trasferimento di Fra Cristoforo: sembra di essere dalle parti di Tim Rice. Mi sembrano un tantino meno efficaci invece le scene d’azione, situazioni in cui il liricista italiano deve ingaggiare solitamente un duello all’ultimo sangue con la lingua italiana. Russo se la cava tutto sommato egregiamente, anche se certe soluzioni, tipo “pane panè panè panè pane”, oppure certe elisioni affrettate, a mio modesto parere andrebbero riviste.
  • LIBRETTO
    Ecco finalmente un libretto ben costruito, coerente, agile e appassionante, che bandisce la noia e la prevedibilità, mettendoci alle costole di una trama incalzante che mantiene sempre viva la nostra attenzione, sebbene tutti conoscano a memoria il (famigerato) romanzo di Manzoni. Renzo e Lucia non sono più gli antipatici timidi fidanzatini che abbiamo imparato ad odiare sui banchi di scuola ma ci possiamo immedesimare con loro, e questo avviene senza che il senso profondo dell’opera venga minimamente stravolto. Don Abbondio è una divertentissima macchietta rossiniana, Azzeccagarbugli è un divertito manipolatore di leggi, Don Rodrigo è un affascinante e sulfureo libertino, Fra Cristoforo è un santo che coniuga mirabilmente forza e umiltà, la Monaca è la raffigurazione dell’Amore, l’Innominato è mirabilmente caratterizzato nella sua lacerante crisi interiore. E fate bene attenzione: per tratteggiare questi personaggi non sono concesse troppe scene, anzi alcuni di loro poco dopo essere saliti sul palco escono per sempre fuori dalle quinte, ma lasciano il segno per l’intensità e l’efficacia con cui recitano e cantano.
    E il libretto del resto è tutto scritto nella partitura, in questo imponente score che non smette mal e ci accompagna tra sorrisi, lacrime, rabbia, dolore dall’apertura del sipario per interrompersi solo durante gli applausi.
  • SCENE
    Due pedane girevoli concentriche, un muro emiciclico diviso in due parti che si aprono e si chiudono fungendo da sipario interno, completati da altri elementi mobili e da proieizioni che trasformano il palco in vari spazi, esterni e interni. Il tutto è mosso con grande armonia e semplicità, con cambi-scena frequentissimi che danno alla messa in scena uno spiccato taglio cinematografico. Di grande suggestione la scena dell’Addio Monti, alla fine del primo atto, In cui un Renzo novello Phantom traghetta Agnese e Lucia in un lago di fumogeni che non fa rimpiangere quello creato a Londra da Maria Bjornson. Una reminiscenza del Phantom Of The Opera appare anche nella stanza dell’lnnominato, fornita di organo, candelabri e specchio, come quella di Erik. Ricordiamo anche la calata dei Lanzichenecchi, in cui alcuni attori in primo piano e la proiezione di ombre di altri soldati sullo sfondo danno l’impressione di un vero esercito che si avvicina, e la successiva epidemia di peste, che ci immerge in una morbosa atmosfera dl fumi profumati all’incenso, a sottolineare il senso di malattia e dl morte.
  • COSTUMI
    Neanche per i costumi si è badato a spese, realizzando vestiti accurati e spettacolari con un occhio all’iconografia del romanzo e un altro alla visione dei costumi dei musical moderni.
  • LUCI
    Molto discrete e cinematografiche, rispondono più a esigenze realistiche e pittoriche che a effetti sorprendenti o simbolici. In pratica non ci rendiamo direttamente conto della loro presenza, e questo è un aspetto decisamente positivo.
  • SUONO
    In una parola, perfetto, tranne qualche sparuto problema dovuto sicuramente alle tensioni e alle difficoltà che una prima porta con sè.
  • COREOGRAFIE
    Come si è già detto i momenti danzati sono ben inseriti nell’azione e rappresentano semplicemente l’armonizzazione di gesti realistici. Bellissima ad esempio la scena ambientata nella filanda, con Lucia e compagne che filano e tessono a tempo di musica, cantando una delle melodie più gradevoli dello show.
  • REGIA
    Per la regia, incalzante e ben ritmata, ripeterei il discorso fatto per quanto riguarda il libretto, essendo firmata dalla stessa persona, ed essendo solitamente compenetrato il lavoro della messa in scena con quello della drammaturgia. Il buon lavoro compiuto sulla gestualità, sulla tipizzazione dei caratteri, sulle scene di massa, sullo spazio teatrale scaturiscono dall’invidiabile esperienza teatrale del regista-attore Tato Russo, una carriera che ha spaziato e spazia in tutti gli aspetti del teatro dal brillante al comico, all’impegnato.


INTERPRETI

  • BARBARA COLA (Lucia Mondella)
    Ecco una cantante perfetta per il musical, dalla voce naturalissima e potente, limpida ed espressiva. Aiutata dalle musiche trascinanti si ritaglia uno spazio nel cuore del pubblico ed è una Lucia perfetta, dolce e semplice senza essere ingenua, moderna e appassionata senza perdere la manzoniana onestà. La difficilissima scena del voto è interpretata con uno slancio talmente credibile da strappare l’applauso più sincero e appassionato della serata.
  • MICHEL ALTIERI
    In RENT avevamo già assaporato in parte le sue grandi qualità canore e interpretative, ma in questo spettacolo è una vera e propria rivelazione: la sua voce, al tempo stesso potente e giovanile, ci rivela un Renzo energico e ragionevole, molto umano nel suo oscillare tra rabbia, amore, odio, ingenuità, senza però perdere il suo carattere di fondo di ragazzo innamorato.
  • CHRISTINE (La Monaca di Monza-Madre di Cecilia)
    Dal curriculum prestigioso (è stata addirittura Norma Desmond in Sunset Boulevard) raccoglie un grande bottino di applausi interpretando la Monaca di Monza, personaggio trasformato da Tato Russo in figura quasi allegorica di Amore: il suo legame peccaminoso con Egidio non viene mostrato, l’Innominato vi accenna solo nel ricattarla per farsi consegnare Lucia. In compenso ha il compito dì aprire il secondo atto con un’aria incantevole dedicata alla potenza della passione amorosa.
    Sua è anche l’interpretazione della mamma di Cecilia, che canta un arioso di rara bellezza nel depositare la figlia sul carro dei monatti.
  • TATO RUSSO (L’Innominato)
    La notte dell’Innominato è tutta nella maschera sofferta di Tato Russo, nella sua bassa tessitura vocale sospesa tra canto e recitazione, che si fa a poco a poco più alta nel suo avvicinarsi alla conversione che sfocierà nel duetto col Borromeo. Misurato e convincente vince anche la sfida dell’interpretazione, dopo aver vinto quella della scrittura, della sceneggiatura e della regia.

Bravissimi gli altri del cast, voci naturali, gesti credibili, grande padronanza scenica, dal grande Antonio Romano (Abbondio e Conte Zio) al Rodrigo di Filippo Brunori, a Rhuna Barduagni (Lola), Tonio Logoluso (un divertente Azzeccagarbugli).

da www.amicidelmusical.it

 

Grandissimo lo sforzo della macchina teatrale messa in campo, dai trentacinque artisti in scena ai diciotto orchestrali, alle bellissime scenografie e ai costumi . . .

... riserva al pubblico sorprese su sorprese.

. . . Semplici carrelli girevoli hanno diviso lo spettacolo sintetizzandolo nei capitoli principali, carrelli e mutazioni di soffitti hanno reso con maestria alcune ambientazioni, di cui le più belle sono risultate l’essenziale stanza di don Abbondio, il giardino dove fervono i preparativi del matrimonio che “non s’ha da fare” ed il lago di Como immerso nella nebbia.

. . . Michel Altieri e Barbara Cola sono bravi ed hanno voci bellissime. . . le musiche appaiono sin troppo accattivanti, orecchiabili . . .

. . . Sulla scena, partorite da un cilindro scuro, magico, instancabile,ci sono tutte le cose del mondo. C’è la Lombardia seicentesca scritta da Alessandro Manzoni. Con i laghi cosparsi di nebbia. i villaggi raccolti, i signorotti spagnoli afflitfigure manzoniane, autorizzando così negli spettatori trasalimenti e stupori da racconto d’appendice.

. . . libertà quasi anarchica con la quale l’opera viene segmentata, manipolata nelle cronologie e nei sensi. nonché tradotta in musica leggera nei suoi nodi sentimentali profondi.

Tato Russo è dei non molti uomini del nostro teatro capaci di sorprendere.

.......gli applausi sono scroscianti, applausi finali che si protraggono per più di dieci minuti con gli spettatori in piedi....

....... senza dimenticare il bellissimo “addio” di Lucia sulla barca che la porta al di là “di quel ramo del Lago di Como”un’ambientazione riferita rigorosamente ai tempi, ai luoghi e ai costumi originari (1 castelli, le case dentro e fuori, i lago di Como avvolto dalla nebbia, il tenebroso monastero di Monza, le lance dei lanzichenecchi e i cappellacci dei bravi)....

....ha forse dato ai personaggi cariche nuove di umanità, di una passione e una religiosità un pò sopra le righe ma alla fine persino commoventi.

.....un musical in regola con tutte le più aggiornate soluzioni linguistiche...

.... del romanzo custodisce tutto il fascino e i valori e questo va ampiamente riconosciuto a Tato Russo...

..... tutti e 35 gli interpreti sono da apprezzare

.......applausi e dalle ovazioni.........

.......“la risposta italiana a Les Miserables

....... un musical di grande respiro e di grandi dimensioni

........Uno spettacolo complesso, lussuoso e coinvolgente

....... visioni e movimenti d’intensa suggestione...

....... Più di trenta vertiginosi “cambi a vista” per la scena firmata da Umberto Bertacca, completata, arricchita, resa viva, dai circa trecento costumi firmati da Giusi Giustino, che infiammano di rosso e di arancio la cupezza drammatica del nero, del grigio dei marroni degli abiti sontuosi dei ricchi e degli stracci sdruciti dei poveri.

.....Una scena severa che si dilata a creare altri spazi, con girevoli, carrelli mobili, siparietti che calano dalla soffitta, passando dalle case dimesse dei contadini lombardi ai cupi interni dolorosi dove Don Rodrigo dissipa il suo tempo, dalle brume biancastre del lago di Como, al castello dell’Innominato, alle strade di Milano dove impera la violenza degli sbirri che si scontra con la furia di un popolo affamato costretto a prendere d’assalto i forni per impadronirsi del pane. Alle chiese sontuose e profumate d’incenso dove si dispiega il santo e venerato magistero del cardinale Carlo Borromeo, al tristemente famoso convento di Monza. Fino alla disperazione del lazzaretto, dove l’orrore della pestilenza e il dolore della morte trovano requie nella fede e in una spettacola re pioggia purificatrice che chiude in un ispirato “halleluia” lo spettacolo.

....Le tortuose vicende di Renzo e Lucia, conquistano il pubblico

......Emozionante al Bellini la notte de - I Promessi Sposi”

.....uno dei più bei musica! degli ultimi anni.

.....Il lavoro di Tato Russo piace e la sua visione delle avventure di Renzo e Lucia conducono piacevolmente il pubblico nel magico mondo manzoniano che, per l’occasione si veste di musica. .......Melodie coinvolgenti, immaginate dallo stesso autore, regista ed interprete, il suo testo ha proprio una marcia in più ed il pubblico se ne accorge subito elargendo applausi senza sosta.

.....Per tutti una bella “ripassata” di letteratura italiana ma quando sulla straordinaria prima di Tato Russo e dei suoi “Promessi Sposi” cala il sipario, gli interminabili applausi e le grida dai palchi di fila sanciscono un successo annunciato: 11 romanzo più letto dagli italiani in età scolare, tra paure, dolori, provvidenza e lieto fine, diventa così una grande commedia musicale pronta per prendere il volo in un universo baciato dalle emozioni.

......La rilettura di Tato Russo ricca di effetti suadenti convince, la società di Don Rodrigo si accosta alla nostra e proietta sullo sfondo di un racconto immortale un fascio di luce ricco di mille colori. Nel contesto della narrazione di Russo l’amore, come la vita, conquistano un ruolo primario motivando l’intera trama fatta di paura, ironia, rabbia, terrore, morte.

....Meccanismi perfettamente funzionati quelli adoperati dal multiforme artista, tutti messi al servizio di un lavoro che ha tutte le carte in regola per diventare un punto fermo nella storia del musical italiano.

....I versi e la musica di Russo esaltano e commuovono. Qualcuno in sala fa riferimento ai grandi cartoni della Walt Disney mentre altri, mano nella mano, volano commossi sulle note delle fascinose melodie.

......cambi di scena che non si contano, come pure i circa duecento costumi di Giusi Giustino, magici per gli attori che sembrano calati alla perfezione nei vari ruoli.

......Renzo e Lucia trovano in Michel Altieri e Barbara Cola un corpo ed un’anima che calza loro a pennello. La prova dei due artisti convince ed i personaggi che saltano fuori riescono a tracciare senza sbavature tutta l’essenza della coppia manzoniana.

.... Alla bella Monaca dall’ammaliante voce, ruolo affidato a Christine si aggiunge il giovane Don Rodrigo egregiamente presentato da Filippo Brunori come l’ottinmo Fra Cristoforo proposto da Lello Abate. Convincono pure il Don Abbondio di Antonio Romano, la sua chiacchierona Perpetua che, in Sarah Falanga trova una interprete in perfetta sintonia e la buona ed astuta Agnese abilmente impersonata da Serenella Alfano, uno spirito materno dal pugno forte il suo che in scena, ben si accosta alla dolce ma ingenua figlioletta Lucia. Al Bellini, si viaggia in lungo ed in largo tra Como e Milano gli incontri continuano senza sosta. Katia Gagliano nel ruolo di Bettina ci sta proprio bene come Raffaele Latagliata in quello del Griso e del Cardinale Borromeo. Con loro in ordine sparso (troppo complicato seguire quello manzoniano) il Nibbio di Gustavo La Volpe, i Bravi di Daniele Russo e Vincenzo Vicale, l’Attilio di Peppe Mastrocinque, l’Azzeccagarbugli versione Tonio Logoluso e la Lola di Rhuna Barduagni. Infine lui: a sovrastare tutti dal suo imperioso castello, l’Innominato firmato Tato Russo che anche in scena, caparbiamente, sugella. il suo straordinario lavoro musicale. Con le coreografie di Aurelio Gatti, il disegno luci di Patrick Latronica, i suoni di Riccardo Gabuio e la collaborazione alla regia di Livio Galassi, “I promessi” sposi trionfano.

.... Impresa da far tremare chiunque. Non il demiurgo napoletano di via Conte di Ruvo, che beatamente si butta nel teatro “impossibile...

...i due tempi dello spettacolo - in tutto circa due ore e mezzo - al pubblico danno molto: ambienti e personaggi a getto continuo, luci, costumi, colori, suggestioni, apparizioni a vista e, secondo l’uso, una vera orchestra in buca.

il romanzo italiano per eccellenza, qui chiamato a diventare altro da sé. cioè un musical dalle fortune già godute in questo campo da classici come I miserabili .

.....una lettura spudorata che sceglie di mai ironizzare, né sulla storia, né su alcuna delle celeberrime pagine manzoniane..

......Russo firma parole, musiche e regìa di un Manzoni a effetto speciale andato trionfalmente in scena l’altra sera al Bellini di Napoli

un disegno teatrale ritmato e avvolgente

C’è il Seicento barocco e arrogante degli Spagnoli a Milano, ci sono la peste, i monatti, i lanzichenecchi e soprattutto una love story con lieto fine, che Russo ha tentato di rendere un poco più terrena e in cui Michel Altieri e Barbara Cola, belle voci, baldanza, lirismo occhi negli occhi nei duetti di fede, speranza, amore e carità, ottengono i gridolini dei teen agers

Ma se da un lato questi “Promessi sposi” sono il musical 2000 di tangibile professionismo ed effetto speciale scenico, d’altro canto, e qui sta la piena riuscita, Tato Russo, che si riserva con tocco da mattatore la torva parte dell’Innominato, firma una partitura ,che omaggia la tradizione del melodramma ottocentesco, con forze del destino verdiane, momenti pucciniani, duetti e terzetti e crescendi rossiniani con il divertente Azzeccagarbugli di Tonio Logoluso, giochi di parole, esaltazioni melodiche con qualche eco di Sanremo quando si canta col cuore in mano o il peccato a vista (la brava e bella Monaca è Christine). E poi momenti di opera buffa con lo spiritoso, baritonale don Abbondio Antonio Romano, ricordi di fiaba disneyana e stralci non casuali, anche nella regìa, di Brecht-Weill quando si combatte, si marcia, si lotta per il pane o si muore per la peste. E infine il cinema: il libretto di Russo, che firma una regìa senza pause, di bel vigore, di straordinaria fusione, è scritto come una sceneggiatura, con frequenti cambi di scena, dialoghi brevi e refrain che s’inseguono e diventano wagnerianamente legati ai personaggi, alternando ritmi, passioni e scherzi musicali, tramutando Renzo e Lucia in un Romeo e Giulietta…

 

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